STORIA DEL CARNEVALE DI SCIACCA

A parlare per primo del Carnevale di Sciacca fu, nel 1889, Giuseppe Pitrè che ne fece cenno nella sua opera “Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane. Da sempre la festa ha rappresentato lo specchio delle condizioni sociali, politiche e civili dei tempi, nonché tempio e massima rappresentazione della trasgressività. Negli anni la ricorrenza ha assunto sempre più sfarzo nella preparazione degli addobbi, dei costumi e delle maschere e potere sul desiderio collettivo di evadere dalla routine e dal quotidiano.

Le prime manifestazioni sono ricordate come una festa popolare, in cui venivano consumate salsicce, cannoli e molto vino e il popolo si riversava per le strade, travestito in vari modi. Successivamente furono fatti sfilare i primi carri addobbati alla meglio, che portavano i mascherati sulle sedie in giro per le viuzze della città. Negli anni venti compare una grande piattaforma addobbata, trascinata da buoi o cavalli, che portava comitive in maschera. Essi recitavano in dialetto locale, seguite da piccole orchestrine improvvisate. Nel dopoguerra i carri vennero intitolati, ed iniziavano a fare chiaro riferimento alle novità del progresso. Stelle filanti e coriandoli incominciavano ad essere lanciati dai carri in movimento, creando un clima di festa, che invogliava i partecipanti a divenire i veri protagonisti di una gioia collettiva. Dopo alcuni anni di ferma, seguiti al terremoto del Belice, vennero allestiti carri allegorici sempre più sofisticati che facevano riferimento a temi e personaggi locali in chiave satirica, mentre l’orchestrina trovava posto al centro del carro e le sue musiche accompagnavano il carro per tutti i giorni delle sfilate, la novità era che suonavano principalmente una musica creata ad hoc per il carro: nascevano così gli “Inni” dei carri carnacialeschi.

Con la sperimentazione dell'amplificazione sonora, il Carnevale di Sciacca si evolveva ancora di più e i carri venivano allestiti con figure sempre più grandi, i cui movimenti divenivano sempre più sofisticati. La satira politica locale lasciava più spazio a personaggi noti ad un più vasto pubblico. La vissuta partecipazione locale alla costruzione del carro e l’aumento di componenti che volevano sfilare con i carri fanno nascere i gruppi mascherati a terra che anticipavano, con musiche e balli, la sfilata del proprio carro. Le recite satiriche, punto di forza del Carnevale Saccense, recitate agli esordi da attori improvvisati, coinvolgono sempre di più i professionisti locali (teatro e musica) ed adesso sono dei veri e propri spettacoli teatrali, accompagnati da musiche e balli organizzati che vengono recitate sul palcoscenico principale in Piazza Scandaliato.



PEPPI 'NNAPPA

Peppe 'Nnappa è una maschera siciliana della commedia dell'arte. Affermatasi in Sicilia nel XVI sercolo come molte maschere carnevalesche. Deriva dalla tipizzazione di maschere del teatro comico romano. Si ha per la prima volta menzione di questa maschera in alcune scenette della commedia dell’arte del XVII secolo come: il “Lazzo del lavaggio dei vestiti” del 1610 e il “Lazzo dello svenimento per sonno” del 1688.

Beffardo, pigro, ma capace di insospettabili salti e danze acrobatiche, goloso ed insaziabile, ricopre abitualmente nelle trame il ruolo del servitore. Ama stare in cucina, o ronzarvi intorno, annusandone deliziato i profumi, e cibo e vino sono la sua passione. Il costume è composto da una casacca e dei calzoni verdi, entrambi molto ampi e troppo lunghi, ed un cappellino di feltro bianco o verde su una calotta bianca. Il suo nome deriva da nappa, cioè "toppa" in siciliano.

Peppe Nappa fu adottato dalla città di Sciacca come maschera del suo antichissimo carnevale negli anni '50 per volontà del senatore Giuseppe Molinari. Sin da allora la maschera simbolo del Carnevale di Sciacca, viene rappresentato su un carro allegorico fuori concorso e apre annualmente la sfilata carnascialesca, diventando simbolicamente sindaco e padrone della città durante i giorni di festa.

Nell'ultimo trentennio, è particolarità del carro la distribuzione al popolo di caramelle, salsicce alla brace e vino. Il destino del carro è, secondo anche una credenza pagana, il rogo di questi al centro della piazza intorno al popolo, che balla sulle note dell'inno “…e Peppi Nappa”.